a cura di Giusy Celestini
Sfogliando le pagine di Io Donna, inserto del sabato del Corriere della Sera, mi sono imbattuta in un articolo di Emanuela Zuccalà dedicato ad una donna e ad una vocazione che mi hanno letteralmente rapita. Difficilmente incappo in inserti o in quotidiani cartacei: l’avvento delle notizie online mi ha completamente fagocitata, grazie all’estrema facilità con la quale ci si può mantenere aggiornati senza fare capatine in edicola. Ma nel mio ufficio questo genere di inserto viene decisamente bistrattato e lasciato invecchiare, per poi destinarlo alla differenziata. Così, in una mattinata di pochissima attività, ho pensato di sbirciare al suo interno. E ho conosciuto lei, Adele Teodoro.
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Foto: Alice Pavesi Fiori
Viene definita la ginecologa delle carcerate e questo perché, dal 2011, presta la sua opera come volontaria presso il carcere di Pontedecimo a Genova. Napoletana di nascita ma milanese di adozione, Adele Teodoro avvertiva da tempo la necessità di fare di più, di rendersi utile in un modo che fosse diverso. Così, dopo una visita al carcere di Genova, da’ vita, insieme all’allora direttrice del penitenziario (Maria Milano d’Aragona), ad un progetto di prevenzione oggi unico in Italia: un ciclo di visite ginecologiche alle detenute, con annessi pap-test, transvaginali e diagnosi precoce. Acquista a rate, completamente di tasca sua, le apparecchiature necessarie e trasforma il sabato mattina, un sabato che sarebbe stato identico a tutti gli altri giorni, in un appuntamento immancabile, con lei, fatto non solo di indagini accurate e di screaning approfonditi, ma di attimi nei quali si riscopre la preziosità del ritrovarsi. Lei, infatti, diventa ben presto il pretesto esatto e preciso per curarsi, non solo nel corpo ma soprattutto nell’animo, e quelle donne dimenticate riscoprono la propria femminilità.
“Per le detenute, la visita ginecologica del sabato si era trasformata in un appuntamento speciale, al quale presentarsi in ordine, curate, con vezzi femminili che stavano dimenticando”
(Adele Teodoro, da “Io Donna”)
Adele parla di prevenzione, dell’importanza imprescindibile e spesso unica di avere cura di noi stesse. E sottolinea come nelle carceri italiane si abbia il diritto alla salute e non quello alla prevenzione, appunto, tanto da esserci meritati, nel 2013, una condanna da parte della Corte europea dei diritti umani per “trattamento inumano e degradante”, con multe che costeranno di sicuro centinaia di milioni di euro. Situazione da far venire la pelle d’oca (letteralmente!).
Durante le primissime visite, diagnostica ben tre tumori alla cervice dell’utero e diverse vaginiti, cisti ovariche e disturbi di altro tipo che, solo se presi per tempo (questi ultimi, quantomeno), possono non degenerare e diventare delle vere e proprie emergenze.
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Foto: Alice Pavesi Fiori
Fonda un’associazione e la chiama Gravidanza Gaia, dal nome di sua figlia. E tutte ormai vogliono farsi visitare dalla dottoressa di Milano, alla quale affidano le proprie confessioni più profonde e descrivono i loro dolori più lancinanti. Uno tra tutti, quello di aver lasciato fuori i propri figli. Raccontano dei loro reati, di ciò per cui sono state condannate a lunghi (spesso lunghissimi) periodi di detenzione, con l’unico scopo di sentirsi completamente accettate, mettendo a nudo la parte più intima di loro stesse. Adele non chiede nulla, sono esattamente loro a renderla depositaria di parole che hanno bisogno di avere voce. È una forma di complicità e cameratismo che tra donne difficilmente si instaura, se non per una necessità tanto forte come quella di avere un interlocutore nuovo col quale confrontarsi, imparando a prendersi cura di sé.
Questo articolo pone l’attenzione forte sulle condizioni generali terribili che vigono all’interno delle carceri italiane e, più in particolare, sul ruolo della donna, che sempre (anche qui) viene sottovalutato e trascurato.
“Il carcere è mortificazione del corpo e ancora di più per le donne, che rappresentano una percentuale minima dei detenuti italiani (2524 su 59683 al 30 aprile scorso, ndr) e dunque si ritrovano dentro un sistema pensato al maschile. Le donne non instaurano dinamiche di cameratismo: hanno bisogno della loro privacy, dei loro oggetti, e dietro le sbarre tutto questo è negato. Ma abbiamo constatato che l’appuntamento del sabato giova a loro e alla vita del carcere: le detenute si sono sentite prese in cura, ascoltate, e questo ha smussato le tensioni e le ha distratte dai soliti discorsi ossessivi da cella su processi e reati. E poi era importante, per me, presentare loro un modello in carne e ossa di donna colta, professionista e impegnata nel sociale, distante dai loro cliché di femminilità legata a sfruttamento e violenza”.
(Mario Milano d’Aragona – ex Direttrice del carcere di Pontedecimo oggi Provveditore alle carceri della Regione Liguria, da “Io Donna”)
L’asetticità cruda e informe con la quale oggi ci si approccia a persone che hanno commesso un reato e lo scontano in carcere, fa paura. Nella nostra era 2.0 non esistono strumenti di riabilitazione e percorsi di recupero che possano essere considerati validi. C’è un rifiuto all’integrazione e una facilità estrema nel fare spallucce e girare i tacchi che lascia basiti. Sembra niente ci appartenga in prima persona, sembra che capiti di sbagliare sempre a qualcun altro. Siamo decisamente troppo distanti dal comprendere quanto sia fondamentale intraprendere un percorso di rinascita e progresso per coloro che inciampano lungo la via ma chiedono di rialzarsi. È invece più facile perdersi nei meandri di concetti poco edificanti e cupi, che ci chiudono in compartimenti stagni nei quali crediamo di essere migliori e al sicuro. Eppure dietro ogni azione c’è una storia, che chiede di essere narrata con dignità e coraggio, che vuole trovare il proprio lieto fine, che prega di non essere dimenticata. Perché se un libro lo apriamo dal mezzo, non capiremo mai di cosa stiamo parlando e saremo sempre parziali nei nostri giudizi. Occorrerebbe avere la pulsione forte di iniziare dalla prefazione, e di considerare l’apertura all’altro come un’unica grandissima risorsa in grado di migliorare noi stessi e il mondo.
[…] “Ho pensato che forse una madre che commette un delitto ha visto un baratro davanti a sé. Forse se qualcuno l’avesse aiutata…”.
(Adele Teodoro, da “Io Donna”)
Adele Teodoro, per il suo straordinario impegno, ha ricevuto l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica e cerca di estendere questo meraviglioso progetto nel carcere milanese di San Vittore. Ma non solo: Gravidanza Gaia vuole approdare in altre carceri italiane, formando un team di ginecologhe volontarie e raccogliendo fondi atti all’acquisto di apparecchiature. Per tutte le informazioni e per le donazioni, potete scrivere a info@gravidanzagaia.org.
È quando vedo persone così propositive e determinate, donne coraggiose e costruttive, che realizzo il potenziale nascosto in ognuno di noi. Ci dimentichiamo sovente di quanto siamo in grado di fare e di fare bene, di come le cose possano muoversi in un verso che sia universale, creando linguaggi di condivisione e generosità unici capaci di creare circoli di energia buona che va e che ritorna, senza fermarsi, senza tentennare mai.
Che sia lunga e prosperosa, la vita di progetti di rara bellezza come questo, e che possano essercene infiniti da scovare meravigliosamente negli anfratti più impensati. Il mio sogno più grande è che l’eccezione diventi sempre più una consuetudine, fino a non stupirci più.
Vi bacio.
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Foto: Alice Pavesi Fiori
6 Commenti
un articolo forte e commovente, come noi donne forti e fragili. Un bacio
E’ sempre meravigliosamente bello leggere quanto il coraggio e l’intraprendenza premino oltremisura, senza diritto di replica. Noi donne siamo capaci di molto, dovremmo ricordarcelo più spesso.
Grazie, Ile, per essere passata di qui.
Ti bacio!
Caspita davvero commuovente, grazie perchè anche io non so più cosa siano i giornali cartacei. Persone così sono la dimostrazione che la vita ho un orizzonte più grande di quello che vediamo, bisogna solo avere voglia di guardare oltre la nostra idea di realizzazione. Bello . Grazie
Grazie a te, Rita, per avermi letta. E’ sempre per me un immenso piacere!
Abbracci stretti!
Incoraggiante e stimolante sapere che esistono Donne così…Sono convinta fermamente che tali progetti vadano divulgati e sostenuti…Complimenti Adele
Adele è una donna davvero meravigliosa. Sono felicissima di averne fatto la conoscenza, seppur (purtroppo) solo virtuale, per ora.
Un bacio, Cristina.