Baci Rubati

a cura di Giusy Celestini

 

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Maternità – Antonio Bueno

 

Una storia che racconta sempre mia madre, riguardo la mia infanzia (ma che in realtà ricordo perfettamente anche io) parla del mio prepotente intento a baciare sulla labbra tutti. Credo avessi all’incirca tre anni (o comunque io ho ricordi di questa cosa da allora): baciavo sulle labbra chiunque mi capitasse a tiro. E se questo chiunque si mostrava contrariato, io afferravo il suo volto con le mie mani paffute e lo costringevo a non voltarsi fin quando non fossi riuscita nel mio proposito. Per i miei poteva rappresentare una pratica tenera e spesso divertente, fin quando si trattava di baciare loro, i miei nonni e le mie sorelline. Mia madre, devo dire, ha sempre provato un certo senso di disgusto all’idea che baciassi sulle labbra mio padre e mio nonno, in verità, perché loro all’epoca fumavano come due ciminiere incallite, e non le sembrava assolutamente opportuno. Però quello che la sconcertava oltremodo (e la faceva rabbrividire d’orrore) era che io non facevo nessuna selezione all’ingresso, e baciavo incondizionatamente chiunque incontrassimo o venisse a farci visita, con sommo giubilo del “mal capitato” (che mi riempiva di moine e coccole) e con lei di fianco che diventava verde/rossa/blu nel giro di un nanosecondo. Così mia madre decise che la terapia d’urto sarebbe stata di sicuro più opportuna, ed evitò drasticamente che io baciassi sulle labbra lei, le mie sorelline e mia nonna (mio padre e mio nonno furono i primi ad essere esclusi). Dalla notte al giorno. Ricordo quel dolore così grande, immenso, unico. Mi sentii d’improvviso sola, rifiutata. Tentavo di contravvenire alle regole, come farebbe un tossico in cerca della sua ultima dose (che poi non è mai veramente l’ultima) e qualche baciuzzo lo rubavo alle sorelline, quantomeno. Ma arrivava sempre il generale di ferro (mia madre) che rimetteva l’ordine e la disciplina laddove questa nanetta treenne tentava di sovvertirli. Insomma, fu una lotta intestina tra me e mia madre, che non ammetteva debolezze di alcun tipo. E la vinse, senza diritto di replica. Smisi di fare la stalker e non baciai più nessuno sulle labbra. Neppure lei.

Anni dopo scoprii che mia madre era una donna assolutamente refrattaria alle smancerie. Non aveva infatti sostituito quel mio desiderio estremo di contatto con qualcos’altro, fosse anche un semplice bacio sulla guancia. Mia madre non baciava. Per tutta la mia infanzia, mi mancò questo linguaggio, con lei, e oggi (da adulta) davvero stento a ricordare i baci di mia madre, durante i miei anni di bimba. Quando mi salutava davanti la scuola, si chinava e poggiava le sue labbra sulla mia guancia, senza muoverle in quella smorfia che le rende un bacio. Le poggiava e basta. Quello era un suo bacio. La cosa non ricapitava mai, durante la giornata, per altre situazioni o per un impeto di affetto ed entusiasmo. Mia madre non ne aveva. Per anni ho creduto che baciare fosse poggiare le labbra sulla guancia senza fare nulla, ma i baci di mio nonno mi insegnarono che baciare era tutt’altra cosa. In uno strano modo che solo i bambini sono in grado di mettere in pratica (e le cui regole, purtroppo, non ci rimangono in memoria negli anni a seguire) non mi sentivo non amata. Captavo la singolarità della questione, certo, ma non ho mai pensato che mia madre non mi amasse. E infatti mia madre mi amava tremendamente, come ogni madre può amare il proprio figlio, dimostrandolo in quei modi che per un bambino non sono così facili da interpretare e che spesso si nascondono sotto la fitta coltre della severità. Eppure quando ripenso alla mia infanzia e al mio rapporto con lei da bimba, ho una sensazione di delicatezza e benessere, di amore e tatto, di cura e condivisione. Devo però riconoscere che, se penso invece ai baci mancati, sento un vuoto mai colmato che mi esplode dentro, ricordo con fermezza la sensazione estrema di smarrimento, quando lei decise d’improvviso che non dovessi più pretenderne in quel modo poco educato, e riconosco che è un grande peccato conservarne ancora oggi, alla soglia dei trentotto anni, un ricordo tanto doloroso. Ancora adesso, infatti, è un argomento che trattiamo, io e mia madre, in modi adulti e consapevoli, con linguaggi più estemporanei ed immediati. Non lo ammetterà mai (e finora non c’è cascata neanche per sbaglio) ma sono certa che è conscia che questo sia qualcosa che ci è mancato e che avrebbe dovuto appartenerci più da vicino. Accecata dall’asfissiante senso di responsabilità in quel ruolo di madre arrivatole per la terza volta (con gravidanze piuttosto ravvicinate, le une dalle altre), ha pensato bene di badare meno all’aspetto più tradizionalmente affettivo e infonderci, piuttosto, un’educazione di poche moine e di maggior rigore. Lo comprendo benissimo, oggi. Ma per anni, in quegli anni di difficile considerazione di se stessi, di quell’adolescenza che non è per forza relegata ai dodici anni, in quei momenti bui e controversi, ho cercato smodatamente nel mondo quei baci mancati. Li ho rubati alle situazioni più improbabili e nei contesti più disparati, mi sono illusa di averli trovati negli sguardi disinteressati e nei pensieri fumosi e distanti. Per lungo tempo ho cercato conferme e certezze in qualsiasi cosa, animata o non che fosse, incontrassi sul mio cammino. Sbagliando, cadendo, perdendomi. Spesso. Nel tempo e col tempo, ho capito che molte mie scelte erano state condotte sulla scia di questo abissale desiderio di accettazione, e che i non baci di mia madre mi avevano, suo malgrado, suscitato malessere. Ci si mette un po’ a fare il quadro delle situazioni, ci si mettono lunghi anni, talvolta, quasi si trattasse di una cappella Sistina vera e propria. Però poi si è lucidi e tutto è più chiaro.

Non racconto nulla dal quale non sia uscita più che egregiamente (senza lividi e zero cicatrici), né posso dire di non avere un rapporto sereno con mia madre, che adoro letteralmente. Tutto questo vuole solo evidenziare l’importanza dei piccoli gesti, minuscoli quanto può sembrarlo un bacio, ma enormi in fatto di importanza e punti di riferimento.

Baciamoci più spesso. Baciamo i nostri figli una volta di più. Sono del parere che le buone maniere e le regole di vita si possano apprendere in svariati modi ma che l’amore di una mamma, infuso secondo il linguaggio di un bambino e non con il nostro da adulti, davvero non possa restituirlo nessuno. Può sembrare banale e scontato dirlo, eppure è utile ripeterlo e tenerlo bene a mente.

 

Vi bacio, appunto. Per non perderne mai l’abitudine.

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Maternità – Luigi Rossi, particolare. 1895-1898 circa.

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4 Commenti

  1. Postato 08/05/2014 at 12:34 pm | Permalink

    Bellissimo post. Io ho una madre che non ama le smancerie, piuttosto distaccata (solo ora, coi nipotini, si lascia andare di più), ma che veniva a sua volta da una famiglia dell’ottocento, numerosissima e piuttosto rigida, anche se non priva d’amore. Sarà per quello, o no, ma io mi miei figli li riempio di baci e abbracci, e loro me. Siamo molto fisici, molto coccoloni. So che forse diminuiranno col tempo e già mi mancano un po’..;-)

  2. Postato 09/05/2014 at 9:56 am | Permalink

    Sono molto timida, i miei baci, bacini e bacetti fanno parte della mia intimità, quindi li riverso “a pochi” intimi! Non amo i baci ” ufficiali”, quelli dei saluti per intenderci, che spesso non hanno quel “valore emotivo” che io do al bacio. Ovviamente uno dei giochi preferiti dalla mia bimba è “ricoprirci tutte di baci”

  3. giusy
    Postato 09/05/2014 at 3:17 pm | Permalink

    Sarò esattamente come te, cara “Rici”. ;) Ne sono certa.
    Bacioni!

  4. giusy
    Postato 09/05/2014 at 3:18 pm | Permalink

    E’ un gioco bellissimo, Ile!!! :) Per ora lo faccio con i miei nipotini, che apprezzano non poco. ;)

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