Alcune settimane fa abbiamo organizzato nella scuola materna dove lavoro un incontro aperto rivolto a genitori ed educatori, condotto dal Prof. Martinelli che ha una presenza mimica e comunicativa tutta sua e che mi ha smosso dentro moltissimo, in primis come madre e di conseguenza anche come maestra.
Il dott. Martinelli ha aperto la serata chiedendoci cosa desideriamo per i nostri figli e tra le molte risposte tra cui benessere, serenità, felicità, successo, fare i bambini, avere una base sicura…lui ci ha fatto fare focus che l’unica cosa che noi possiamo garantire ai nostri figli è la base sicura, il porto fermo.
I nostri figli lo sappiamo non sono una nostra proprietà, appartengono a se stessi in primis e poi al mondo.
L’illusione di sentirsi il centro del mondo non li aiuta, il troppo dare confuso con il garantire benessere in realtà li rende tristi.
I bimbi di oggi sono più tristi perché a loro manca il desiderare.
Tante cose sono dovute, tante cose sono scontate, manca loro la percezione della gioia dell’opportunità.
Ritorniamo per un attimo a come un bimbo ha inizio, nella pancia della mamma: il bimbo è al calduccio, nuota, se vuole stare in una posizione improbabile per giorni e succhiarsi il dito può.
Nella pancia della mamma non c’è tu, il bambino non si percepisce come diverso da qualcosa, quindi non c’è nemmeno io.
Ma nella pancia della mamma succede qualcosa di magico, suggestivo…c’è alternanza: il bimbo suole muoversi di più quando la mamma è stesa, ferma, rilassata mentre sta più quieto quando la mamma è in movimento.
Ad un certo punto il bimbo nasce e sente freddo – apnea – soffocamento – trova un corpo caldo e poi a occhi chiusi cerca cibo.
Il bimbo presto impara che ad un bisogno segue un grido a cui sottende una risposta.
BISOGNO – GRIDO – RISPOSTA
Qualcuno risponde regolarmente al mio bisogno e capisco che IO CI SONO, sono importante.
Nella mia nuova realtà c’è qualcuno che ha cura di me, esiste un TU che non sono IO che ha un accudimento assiduo verso di me.
Il bimbo esce dalla pancia e per i primi mesi è in una sorta di utero esterno, dove non c’è confine e quindi nemmeno regola.
Ad un certo punto il genitore introduce dei confini che sono le routine quotidiane.
Le routine fanno acquisire il senso del tempo, danno sicurezza, garantiscono la prevedibilità degli eventi.
Il bambino di natura è un grande esploratore, forte della sua esperienza che il mondo è buono per lui, il bambino prova, il bambino sperimenta.
Il bambino non ha paura, prova, prova tutto perché è certo che nel momento del bisogno verrà fermato.
Ecco cos’è la regola: quella pratica per cui io genitore che ti voglio bene, ti proteggo e TI FERMO.
I bambini per natura sfideranno i limiti.
Si allargheranno su tutto l’allargabile, certi che sei pericolo saranno fermati.
Noi genitori ed educatori dobbiamo farci più anticorpi ai no.
IL NO è il mio modo per mantenerti dentro un LIMITE BUONO E NECESSARIO per te, che io genitore ritengo tale per te e per il tuo bene.
Il NO, essendo buono e necessario, non è negoziabile.
Se un No diventa negoziabile crea confusione.
Se io faccio un capriccio per un NO, e tu genitore cedi io bambino sarò confuso, impaurito perché tu adulto stai perdendo solidità e fermezza e a questo punto l’adulto lo faccio io e comando io.
Se il mio limite ti protegge, io adulto lo devo mantenere fermissimo.
Un bambino può quasi inebriarsi di aver mandato in crisi l’adulto di riferimento, inizialmente, poi questo però genera in lui paura.
Lo scontro di potere è negativo.
L’autorevolezza nel darti un NO e quindi un limite è perché sento che la mia posizione è certa.
Io adulto ho la responsabilità di proteggerti, educarti e quindi guidarti.
Il contrasto che può generare un NO deve reggere da parte dell’adulto, sennò il bambino si sostituisce all’adulto ed ha il potere su di lui.
L’esito istantaneo di un fermarlo non è un fallimento.
Se vi arrabbiate, molto, restate arrabbiati per un po’.
Non fategli dopo un secondo le moine.
Non fategli nemmeno la predica, il giorno dopo a bocce ferme argomentate e sorprendetelo.
Quando io adulto ti contengo, ti devo solo contenere.
Il mio contenere deve essere CERTO e REGOLARE.
Le regole sono POCHE ma indiscutibili:
NON SI PICCHIA
SI PARLA UNO ALLA VOLTA
SI ASCOLTA L’ALTRO, l’adulto.
Le altre sono pratiche o prassi di vita quotidiana che io voglio che tu abbia, perché sono abitudini di buona vita.
Il bambino vive l’infanzia bene se si muove liberamente in un sistema con dei limiti reali e necessari.
Se il tuo comportamento caro bimbo mio lede quello di un altro bambino io TI DEVO FERMARE.
Il tuo comportamento fa danno gli altri, io ti fermo.
Il mio NO è protettivo sempre.
Il mio NO si interpone tra un’esperienza negativa e il bambino stesso, ti arriva come una “ferita” che però almeno ti faccio io che sai che voglio il tuo bene e non te la fa la realtà.
Tu mio bambino non sei una mia estensione, sei altro da me e soffri e stai bene in conseguenza di ciò che io faccio o non faccio.
Tutto ciò che io genitore scelgo per te è per il tuo bene, anche la scuola.
Tu starai sereno a scuola se io riterrò che la scuola che abbiamo scelto sia buona per te, se io sono spaventato, tu sarai spaventato, se ti trattengo a me con mille ciao, ciao tu mi proteggerai e piangerai.
Perché la scuola è importante per il nostro bambino?
1. è un dato sociale: il bambino ha bisogno del gruppo dei pari per fare esperienza per prove ed errori, con una fisiologica parte di confronto in cui anche il litigio diventa buono se ben gestito
2. a scuola faccio esperienza che anche un altro adulto, diverso da mamma e papà, mi proteggerà, avrà cura di me e io sarò in grado, competente e meritevole di ricevere la sua stima. Per creare un rapporto con la maestra, tu genitore non devi interporti ma spingermi a parlare con lei.
Se poi tu genitore hai bisogno di parlare con la maestra fallo lontano da me, bambino, senza che io senta perché ho orecchie ovunque!
La questione dei NO è centrale perché riguarda la protezione del nostro bambino e il suo indirizzo futuro come adolescente ed adulto.
Noi adulti e genitori viviamo davvero un cambiamento epocale, noi stessi siamo confusi, tutti i nostri punti di riferimento sono incrinati, la tradizione è un disvalore.
Percepiamo i no come un privarlo dell’infanzia e quindi della felicità.
La felicità è il rapporto che ognuno di noi ha con la vita e non saremo di certo noi a garantirla ai nostri figli.
Come fa un bambino ad imparare ad essere felice?
Solo se ha accanto un genitore che non smette mai di cercare la sua felicità, cioè di perseguire il bello, il buono e il vero per se stesso che è poi la felicità.
Se l’adulto trasmette un’idea del diventare adulto come negativa e faticosa, è ovvio che il bimbo manterrà l’intenzione di restare piccolo.
Se l’adulto ha i suoi spazi di cura, i suoi interessi per il mondo saprà essere un impegno di positività nel mondo, senza essere schiacciato dalle sue responsabilità, anche genitoriali e il bambino desidererà crescere con lui, come lui.
Il dottor Martinelli ha concluso incoraggiando i padri ad avere cura della felicità delle loro mogli, donne e madri tutelandone e garantendone momenti e spazi costanti di cura e di perseguimento della felicità: utopia o realtà?!
Detto da lui ha un forte effetto, visto che è padre di 4 figlie femmine e marito!
Tutte le foto sono state scattate da Sara Spoltore