“Il razzista ha paura dello straniero.
La parola straniero ha la stessa radice di estraneo e di strano che indica ciò che è esterno, di fuori, diverso. Da ciò ne deriva che non è della famiglia, del clan, della tribù viene da altrove. Da qui ad esempio il concetto di xenofobia che significa “ostilità verso chi viene dall’estero”.
In realtà siamo anche noi sempre stranieri per qualcuno, percepiti come qualcuno di estraneo dalla nostra cultura.
Non si nasce razzista, lo si diventa.
Con la cultura si impara a vivere insieme, che non siamo soli al mondo, che esistono altri popoli, altre tradizioni, altri modi di vivere altrettanto validi.
L’ignoranza invece alimenta la paura dell’altro, che ci fa sentire minacciati e ci spinge ad attaccare, infatti spesso il razzista è aggressivo.
Il razzismo esiste da quando esiste l’uomo, l’uomo è ossessionato dalla sua sicurezza e questo lo porta a volte a detestare l’altro da sé.
Il razzista non sa gestire le proprie pulsioni imparando a conoscere l’altro ma anzi alimenta la sua repulsione, il suo disgusto e compie azioni concrete per respingere il nemico.
In realtà c’è una unica specie umana in contrapposizione a quelle animali, lo straniero fa parte come te del genere umano e ciò non lo rende meno di te, inferiore!
Il razzista si sente superiore o per disuguaglianze naturali fisiche o di ordine culturale.
Alcuni si sentono superiori in nome di una religione, che di per se non può essere razzista, ma lo diventa in base all’uso che un uomo ne fa.
L’odio è più facile da affermare che l’amore!
È più facile diffidare!
Il razzista perciò è qualcuno di estremamente infelice, non ama nessuno e nemmeno se stesso: che inferno!
Il razzismo è l’inferno!
Va combattuto come?
1. Imparando a rispettare
Rispettare vuol dire avere riguardo e considerazione, saper ascoltare.
Lo straniero merita rispetto! Anche io sono straniero per qualcun’altro!
Nessun pregiudizio quindi.
2. Con il senso dell’umorismo: saper scherzare soprattutto su se stessi senza prendersi mai troppo sul serio.
I razzisti non hanno senso dell’umorismo, sanno soltanto ridere in modo cattivo degli altri.
Il razzista pratica la malafede e giustifica in nome di spiegazioni bugiarde le proprie pulsioni.
Il razzista è allo stesso tempo un pericolo ed una vittima di se stesso.
3. Agendo sui bambini
Un bambino non nasce con il razzismo in testa.
Facciamolo viaggiare, andare alla scoperta degli altri.
Scoprire quanto sono belle e ricche le varie culture.
La lotta contro il razzismo deve essere un riflesso quotidiano.
Bisogna cominciare con il dare l’esempio e con il fare attenzione alle parole che si usano.
Le parole sono pericolose!
Occhio ai preconcetti, ai modi di dire e ai proverbi che puntano alla generalizzazione e potenzialmente al razzismo…spesso sono idee false e perciò pericolose.”
Ripensando ad Orlando troppi hanno indugiato che le vittime fossero 50 gay, peggio, froci…e non che fossero persone, libere di amare, ma persone cazzo.
Le parole sono pietre!
Attenti anche con i bimbi…io mi ricordo che scoprii come un uomo può avere un rapporto con un altro uomo, solo a scuola, a 15 anni, in cui ci fecero vedere “Philadelphia” e ad un certo punto qualcuno disse nel film stesso: “rottinculo”.
Ora ringrazio il clima educativo in cui sono cresciuta perché per me non era rivelante sapere come fisicamente si amassero due uomini tra loro, non ci avevo mai pensato ma vivevo e VIVO, come naturale e possibile che due uomini si amassero.
Ecco questo è il senso!
Senza reagire al razzismo anche verbale, lo si rende banale ed arrogante e invece è pericoloso.
La differenza è un’occasione per l’umanità.
“Ogni faccia è un miracolo.
Ogni faccia è simbolo della vita.
Ogni vita merita rispetto.
Ogni vita ha la sua dignità.
Con il rispetto di ciascuno si dà omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di diverso e di inatteso.”
Io piango per Orlando perché piango per il genere umano.
E voglio lottare dal basso perché i semi del razzismo cominciano dal basso.
La fonte di questo mio post-riflessione notturna è il libro “Il razzismo spiegato a mia figlia” di Tahar Ben Jelloun Ed Bompiani anno 1997