UgGiusy

a cura della mia “amata” Giusy Celestini

Ci sono periodi dell’anno nei quali mi ritrovo alla ricerca di cose. Non si tratta di smarrimenti improvvisi di oggetti lasciati chissà dove da un disordine (il mio) che non guarirebbe mai neppure se lo trattassi tre volte a settimana con il laser per la depilazione definitiva. Parlo d’altro. Cerco soluzioni, rimedi, talvolta antidoti, il più delle volte spiegazioni. Ma non arriva granché dallo scorrere del tempo, che mi ritrovo a chiamare fato perché mi piace avere un nome (se ci fosse anche un cognome, sarebbe meglio) col quale potermela prendere, ecco. Diciamo più semplicemente che vado in esubero di cattivo umore e uggiosità. E divento ugGiusy, come mi soprannominò una mia carissima amica. È un percorso che avverto a distanza (un po’ come quando il premestruo ti fa sembrare una palla gonfiata ad elio dal giorno alla notte) e che ogni volta, mi ripeto, dovrei combattere con fermezza e decisione, perché tutto sommato mi dovrebbe essere familiare, dovrei averci fatto il callo, aver capito come funziona. Eppure niente, tutte le volte mi ritrovo a passeggiare in largo e in lungo nella mia casa di Barbie, di appena quarantacinque metri quadri, e a sorseggiare tazze di tè che non finiscono mai. Capelli malamente legati (perché ora sono lunghetti a tal punto da farci una codina alta scomposta ma vezzosa), calzette arrotolate alle caviglie, abbigliamento informe, occhiali per leggere (nerd quanto la mia identità). Al taglio della vena, ci manca giusto la canzoncella strappalacrime, scelta all’uopo affinché evidenzi significativamente il momento di acuto scoramento. Ma confesso di non essere mai arrivata a tanto, più per paura di trovarmi a strusciare il parquet, che per altro. Quindi ogni volta che mi trasformo in ugGiusy, come ne esco? Me lo chiedo sovente anche io, soluzioni pronte all’uso non si hanno mai (e poi mai, purtroppo) in questa dimensione di angosce e tormenti insanabili. Ogni volta è una volta nuova. Ogni uscita dal tunnel, è un trionfo da festeggiare. Questo, ad esempio, è un periodo di ugGiusytà reiterata e dura da smaltire. Pare che questa malandrina della ugGiusy voglia proprio godere del suo quarto d’ora di celebrità moltiplicato per cinquecento. E provate a dissuaderla voi, ché io finora non ho sortito risultati gratificanti. Ostinata come me (maledetta!!!) e assolutamente irremovibile, se ne sta lì, lei, con la migliore delle sue facce impertinenti (poco a che vedere con quelle a mia disposizione) e non intende demordere manco un po’. E allora che si fa? In parte la si asseconda, perché di indole sono parecchio malinconica e autunnale (lei lo sa bene), dunque le si da, pur non volontariamente, un attimo di soddisfazione. Ma giusto un attimo, che lei poi ci mette niente a prendere il sopravvento. Altre soluzioni si ricercano un po’ ovunque, nel quotidiano. A fatica e con non poco sbattimento (c’è da dirlo) alla fine si DEVE emergere sempre. Non conosco gli ingredienti giusti, non li conosco mai (tutte le volte è così, come credo di avervi già detto poc’anzi). Ma tenterò di raccontarvi alcune provvidenziali soluzioni che colpiscono ai fianchi la mia ugGiusytà più ingombrante (quantomeno quella che vivo ora. Per le future, si vedrà).

 

 

1)

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Ho scoperto che scrivere dei propri disastri, assume un carattere decisamente meno drammatico, se lo si fa con delle penne colorate. Aiuta incredibilmente a razionalizzare e a guardare con meno tragicità alle proprie cose, che spesso si ingrandiscono a dismisura togliendoci la possibilità di dare anche solo un’occhiata frugale alla soluzione di turno.

 

2)

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Essermi procurata dei timbri baffuti e averli stampati in ogni dove, garantisce il sorriso beato per almeno un paio d’orette abbondanti, che possono trasformarsi in mezze giornate intere se ci si dimentica, come me, di aver lasciato il segno in una giornata qualsiasi della propria agenda e la si ritrova davanti gli occhi inaspettatamente.

 

3)

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www.quyen-dinh.com

Ricordarmi che ho un tatuaggio che mi attende (e che mi donerebbe particolarmente, se avessi un sorriso bene in vista sul volto), mi aiuta a guardare al resto dei miei giorni neri con un’inaspettata speranza.

 

4)

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per gentile concessione dell’Uomo con la barba

I maiali mi mettono incredibilmente di buonumore. Ho sempre sognato di possederne uno vero (con sommo disgusto dei miei genitori), tant’è che ancora oggi evito di mangiare carne suina. Ho inoltre appellato, per gran parte della mia infanzia, una delle mie due sorelle maggiori con nomignoli che la mandavano in lacrime all’istante (e che divertivano DA MORIRE me, sorellina dispettosa e pestifera all’ennesima potenza) e che avevano a che fare con i maiali (appunto), con annesse canzoncine e filastrocche inventate così (e che non avevano senso alcuno). Mi basta ricordarne un paio per scoppiare a ridere a crepapelle ancora oggi. Un toccasana niente male, per l’ugGiusytà malefica più ostinata.

 

 5) 

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Cedere alle tentazioni è indispensabile, quando si è in un momento di sconforto pari all’ugGiusytà. Ripetersi almeno due/tre volte al giorno che la prova costume è lontanissima e che non c’è cioccolatino al mondo che possa comprometterla irrimediabilmente (anche quando la propria autostima è in cantina), può l’impensabile (credetemi).

 

6)

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Quando mi decido che è arrivato il momento di abbandonare la divanità (che poco ha a che fare con divinità o similari), indossare i miei stivaletti rossi beneauguranti e assolutamente rétro, mi rimette in pace col mondo (lì l’ugGiusytà è quasi stramazzata al suolo, seppur viva e mediti metodi di riscatto efficaci, purtroppo) e mi fa compiere passi che sembrano decisi alla svolta rivoluzionaria. Malgrado l’inciampo sia assiepato dietro l’angolo, so di poter confidare sempre nel loro preziosissimo supporto. E mi sento risollevare.

 

7)

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Guardarmi negli occhi per riconoscermi, anche quando non sorrido e quando eviterei uno specchio a chilometri (se solo potessi), mi aiuta ad agire contro stati d’animo poco sereni. Mi permette di ricordarmi che sarei più carina, se avessi quel guizzo di ispirazione folle nello sguardo che troppo spesso dimentico di possedere. Giocare con le mie foto, colorarle o renderle grigie, abbrutirle o farle sembrare quelle di una star, rimette in sesto la mia creatività. Penso sempre più fermamente che siamo nella facoltà di fare un accuratissimo Photoshop su molte delle nostre emozioni. Dovremmo ricordarcene più spesso e fare in modo che musi lunghi e pensieri bui durino giusto il tempo di uno sbadiglio.

 

8)

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Ridere di se stessi, delle proprie buffissime espressioni in un frame o semplicemente di un broncio troppo lungo da portare addosso, è ciò che amo di più. Adoro prendermi in giro, detesto quando non ci riesco, quando in balìa dell’ugGiusytà mi lascio invadere da pensieri senza via d’uscita. Non cancello mai nessuna delle foto nelle quali penso di esser venuta in maniera terribile, perché so che, alla bisogna, saprò trarne delle grassissime risate. Ridere di me è la cosa che più di tutte disarma la mia amica/nemica ugGiusytà, è ciò su cui gioco in ultima battuta (con non poca fatica, c’è da ammetterlo). Rido di me e penso che tutto ha una soluzione. Rido delle mie paturnie allucinanti e asfissianti, anche quando sono serissime (come in questo particolare momento della mia vita). Certo, non sempre ci si riesce e non sempre lo si fa con quella convinzione utile a cancellare tutte le nuvole nere dei propri pensieri. Ma quantomeno ci si predispone a farlo, che non è poco per niente. Fino al prossimo momento ingombrante, certo, che non sappiamo mai (l’ho già detto, vero?) come se ne uscirà e dopo quanto. Tuttavia se ne esce sempre: può sembrare una certezza da poco, forse, ma non lo è affatto. Non lo è mai. MAI.

 

A presto, vi bacio.

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2 Commenti

  1. Giusy
    Postato 16/02/2014 at 10:47 pm | Permalink

    Che bellissimo post. Anche io mi chiamo Giusy e mi capita, come a tutti del resto, di passare momenti uggiosi…dovrò iniziare anche io a prenderli con più “filosofia”! :-)

  2. giusy
    Postato 20/02/2014 at 3:09 am | Permalink

    Benvenuta, Giusy! :) :) :) Sono felicissima che ci sia il commento di una mia omonima. :) L’ugGiusytà allora appartiene anche a te, facciamoci forti(ssime) e combattiamola! :D
    Ti bacio!

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