UNA CORSA PER PARKINSON

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Io corro sempre. Da quando mi sveglio al mattino. Corro in bagno, a preparare la colazione e la merenda per mia figlia, corro a dar da mangiare alla nostra gattina, poi a lavarmi, a vestirmi, a truccarmi…tutto questo in circa 45 minuti. Corro per portare in orario mia figlia a scuola e per arrivare in tempo al lavoro. Dopo mi faccio una corsa per tornare il prima possibile a casa e continuo dietro ai fornelli, con il bucato da lavare e da stendere e la mia corsa rallenta solo accanto a mia figlia durante i racconti di scuola o altre attività. Devo ammettere che un po’ mi piace correre, essere sempre in movimento e non sprecare il tempo. Il mio primo moroso un po’ più serio se n’è andato troppo presto, per la leucemia. A 19 anni, per esperienza, molto amara e dolorosa, ho imparato che la vita va vissuta e non sopravvissuta, perché a volte finisce inaspettatamente troppo presto. Allora, proprio come il mitico Forrest Gump, ho iniziato a correre e da allora non mi sono ancora fermata. Durante la mia corsa sono caduta tante volte e diverse volte ho dovuto rallentare per poi accelerare quando piena di forze. A volte mi è capitato di correre senza alcuna soddisfazione o significato, a volte mi sono chiesta perché corro? La domanda alla quale ho trovato finora un’unica risposta : “perché se no, non sarei IO ! ”

La settimana scorsa mi è capitato fra le mani un volantino che invitava tutti a correre per Parkinson. Ho pensato che fosse un’ottima occasione per correre diversamente e non per me stessa. Mi è venuta una sfrenata voglia di farlo anche per gli altri, di dare un senso concreto alla fatica che c’è dietro e di potersi asciugare il sudore della fronte per una causa giusta. Ne ho parlato subita a mia figlia, che già sapeva tutto dalla sua insegnante a scuola. Abbiamo deciso di esserci per dare qualcosa, che non ci costa nulla, a chi più ne ha bisogno. Quel qualcosa che abbiamo deciso di condividere non è nulla che non possiamo avere tutti – il tempo di una domenica mattina, lo spirito positivo e soprattutto il CUORE.

E così la domenica scorsa anziché restare a lungo nel lettone, alle 8.30 eravamo in fila per iscriverci a questo evento unico. 10 nazioni coinvolte, 30 città italiane, 45 milla iscritti e 320 milla km percorsi nell’ultima edizione RUN FOR PARKINSON’S 2016. Quella di quest’anno è già la 7º!!! 8 giorni di corse benefiche in oltre 30 città italiane svolte dal 9-17 aprile 2016 con l’obiettivo di raccogliere i fondi a favore di tutte le associazioni no profit locali che sostengono non solo la ricerca ed i malati di Parkinson ma anche le loro famiglie per le quali il morbo stesso rappresenta una maratona a vita, senza soste.

Chiunque può partecipare senza limiti di età, etnie, possibilità fisiche…unico requisito richiesto tra le righe è la volontà di sostenere e la volontà di regalare un pezzettino del cuore agli altri. Nella mia città ho visto partecipare tante persone e mi ha fatto molto piacere. Ho visto la gente camminare, marciare e correre proprio. Ho visto i bambini, i ragazzi, gli adulti e gli anziani…ho visto le mamme con i passeggini, ho visto i vecchietti con il bastone di supporto in mano, ho visto delle persone sulla sedia a rotelle…MA SOPRATUTTO HO VISTO LE PERSONE SCONOSCIUTE UNIRSI NEL GESTO CHE PER ME RAPPRESENTA SOLIDARIETÀ ED UMANITÀ!!!

Voglio ringraziarvi, voglio che sappiate che avete dato un valore immenso alla mia domenica. Vi sono grata!

www.run4parkinson.org/it/ 

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Cosa è il Parkinson?

Il Parkinson è una malattia neurodegenerativa, ad evoluzione lenta ma progressiva, che coinvolge, principalmente, alcune funzioni quali il controllo dei movimenti e dell’equilibrio. La malattia fa parte di un gruppo di patologie definite “Disordini del Movimento” e tra queste è la più frequente.

La malattia è presente in tutto il mondo ed in tutti i gruppi etnici. Si riscontra in entrambi i sessi, con una lieve prevalenza, forse, in quello maschile. L’età media di esordio è intorno ai 58-60 anni, ma circa il 5 % dei pazienti può presentare un esordio giovanile tra i 21 ed i 40 anni. Prima dei 20 anni è estremamente rara. Sopra i 60 anni colpisce 1-2% della popolazione, mentre la percentuale sale al 3-5% quando l’età è superiore agli 85.

Le strutture coinvolte nella malattia di Parkinson si trovano in aree profonde del cervello. Le cause non sono ancora note. Sembra che vi siano molteplici elementi che concorrono al suo sviluppo. Questi fattori sono principalmente:

Genetici:
Circa il 20% dei pazienti presenta una storia familiare positiva per la malattia. Si stima che i familiari di persone affette da malattia di Parkinson presentino, rispetto alla popolazione generale, un rischio di sviluppare la patologia lievemente superiore.

Fattori tossici, esposizione lavorativa: il rischio di malattia aumenta con l’esposizione a tossine quali alcuni pesticidi (per esempio il Paraquat) o idrocarburi-solventi (per esempio la trielina) e in alcune professioni (come quella di saldatore) che espongono i lavoratori a metalli pesanti (ferro, zinco, rame). L’esposizione al fumo di sigaretta sembra ridurre la comparsa della malattia di Parkinson, il fumo sembra essere cioè un fattore protettivo ma non è un invito a fumare ovviamente, è solo documentazione scientifica.

I principali sintomi motori della malattia di Parkinson sono il tremore a riposo, la rigidità, la bradicinesia (lentezza dei movimenti automatici) e, in una fase più avanzata, l’instabilità posturale (perdita di equilibrio); questi sintomi si presentano in modo asimmetrico (un lato del corpo è più interessato dell’altro).

Il tremore non è presente in tutti i pazienti. All’esordio della malattia, spesso i sintomi non vengono riconosciuti immediatamente, perché si manifestano in modo subdolo, incostante e la progressione della malattia è tipicamente lenta. Talvolta sono i familiari ed i conoscenti che si accorgono per primi che “qualcosa non va” ed incoraggiano il paziente a rivolgersi al medico.

La malattia di Parkinson è una malattia cronica, lentamente progressiva, che coinvolge diverse funzioni motorie, vegetative, comportamentali e cognitive, con conseguenze sulla qualità di vita. Con un trattamento appropriato, l’aspettativa di vita è considerata simile, o solo lievemente ridotta, rispetto a quella della popolazione generale.

 

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